La nostra esperienza è l’unica esperienza che c’è.
Questo è il maestro supremo.
Pema Chodron, 1997
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Gli approcci terapeutici basati sulla pratica della mindfulness (= meditazione di consapevolezza) si fondano sull’idea che la nostra sofferenza emerga in realtà più da come ci relazioniamo all’esperienza di dolore, disagio e difficoltà che dall’esperienza stessa.
Tale prospettiva accompagna in un percorso in cui è possibile ridurre l’angoscia rispetto a quanto accade nelle nostre vite apprendendo un nuovo modo di rapportarsi con le esperienze spiacevoli.
Protocollo MBCT-Ca
È su questi presupposti che si basa il Protocollo di mindfulness per persone affette da tumore: è presente sofferenza fisica, psicologica, sociale e spirituale, spesso antecedente all’insorgenza della malattia stessa. Attraverso la meditazione diventa possibile portare l’attenzione a quelle emozioni per accoglierle e averne cura.
Nello specifico il Protocollo di riferimento è il MBCT-Ca (Mindfulness Based Cognitive Therapy per persone con cancro), ideato da Trish Bartley, istruttrice di mindfulness presso il Centre for Mindfulness Research and Practice della Bangor University in UK. La Bartley ha iniziato a condurre gruppi di mindfulness in ambito oncologico nel 2001 in un dipartimento di oncologia del North Wales e ha riadattato il protocollo classico di Mindfulness Based Cognitive Therapy per le persone con il cancro.
Diminuire la reattività
Le pratiche di meditazione su cui si basa il Protocollo MBCT-Ca permettono ai partecipanti di diminuire il livello di reattività abituale agli eventi: le ricerche scientifiche sull’argomento riportano come la continuità nelle pratiche permetta di cambiare la relazione con i pensieri e con le emozioni negative, imparando a lasciare andare le paure e le ruminazioni mentali senza identificarsi e senza rafforzare le possibili ansie.
Sono numerosi gli studi sugli effetti delle pratiche meditative per le persone con cancro.
Una ricerca svolta presso l’Università del Texas (Tacón et al., 2004) ha valutato i livelli di stress, ansia, capacità di adattamento e senso di controllo sulla propria vita dopo la partecipazione ad un protocollo di mindfulness di 8 settimane (MBSR) . La ricerca ha preso in esame 27 donne con neoplasia al seno e i risultati delle valutazioni pre e post frequenza al corso hanno riportato una significativa diminuzione nei livelli di stress e di di ansia nelle partecipanti oltre ad una maggiore capacità di adattamento.
In un altro studio sperimentale è stata indagata l’efficacia della pratica di mindfulness sulla difficoltà a dormire: la ricerca ha valutato 63 donne tra il 38 e i 77 anni con il cancro al seno. Dai risultati dei questionari completati prima, durante e al termine del persorso , oltre a un diario quotidiano di valutazione sulla qualità delle ore di riposo, sono emersi significativi miglioramenti nella qualità del sonno (Shapiro et al., 2003) in seguito alla partecipazione ad un percorso di mindfulness MBSR.
Ritornare al respiro con gentilezza
L’atto di immettere gentilezza nel respiro è un semplice movimento che include l’intenzione di ammorbidire quelle parti del corpo in cui c’è sofferenza o dolore. Il respiro diventa un veicolo per la gentilezza.
Praticare meditazione mindfulness significa abbandonare il biasimo e l’auto-giudizio, elementi fortemente presenti in chi ha problematiche oncologiche, per coltivare invece un approccio più delicato verso se stessi, grazie al continuo riconnettersi al corpo e al respiro. Ed è la possibilità per imparare «a stare con» anche le emozioni più difficili, e a voltarsi verso la sofferenza, con un’attitudine di cura e di accoglimento.
«Il respiro può essere un sostegno che favorisce la stabilizzazione.
Può fare da àncora a cui ritornare – un luogo sicuro – permettendoci
di uscire dall’inconsapevolezza o dall’automatismo,
quel divagare aggirandosi in luoghi mentali poco salutari o utili,
per entrare nella piena coscienza del presente.
Ritornare al respiro è una pratica semplice e al tempo stesso molto efficace,
perchè il respiro è sempre disponibile nel corpo.»
Trish Bartley
Momenti difficili
Accompagnare con delle brevi pratiche di meditazione i momenti particolarmente impegnativi quali l’attesa dei risultati degli esami o durante le fasi pre-operatorie, permette di calmare il corpo e la mente e di affrontare gli eventi con maggiore coraggio, presenza e consapevolezza. Sviluppare l’abitudine di fermarsi, e connettersi al corpo, può aiutare infatti ad interrompere le abitudini automatiche e disfuzionali di pensiero e di comportamento e a tornare al momento presente.
La continuità nelle pratiche di meditazione conduce alla disponibilità a volgersi verso la sofferenza e aprirsi all’esperienza, qualunque essa sia, con grande autocompassione e gentilezza. Anche il rapporto con il dolore fisico si modifica: progressivamente si sviluppa un’accettazione e un’attenzione calma e saggia ai sintomi, ed è maggiore il senso di radicamento e di connessione con il corpo.
Il gruppo
Il protocollo di mindfulness MBCT-Ca è un percorso di gruppo con un incontro a cadenza settimanale per 8 settimane: il gruppo progressivamente diventa per i partecipanti un luogo sicuro, confortevole e amichevole.
Alcuni raccontano di avere difficoltà a inserire la meditazione nella routine quotidiana, per altri invece le pratiche meditative sono diventate una componente fondamentale delle loro giornate e per il loro equilibrio. Il fatto di poter condividere le esperienze collegate alle pratiche o anche semplicemente ascoltare chi ha desiderio di condividere, è una grande connessione con gli altri partecipanti che stanno vivendo problematiche e preoccupazioni simili. Ciò che emerge viene contenuto e accolto nel gruppo, con un senso di condivisione.
Essere parte di un gruppo di mindfulness permette di non sentirsi nè soli nè gli unici a vivere determinate difficoltà, emozioni che troppo spesso e per troppo tempo l’esperienza del cancro porta invece a far credere come reali.
È un lavoro sul senso di compassione per se stessi (Neff, 2003) e per gli altri e si basa sull’interconnessione tra le persone e sull’esperienza condivisa della sofferenza, dell’essere umani.
In Africa l’Ubuntu ha le stesse caratteristiche. Trish Bartley ha infatti lavorato per molti anni in Sud Africa con persone affette da HIV e Aids, contesti in cui le grandi difficoltà presenti rendono ancora più importante e radicata l’importanza dell’interconnessione fra tutti (Ubuntu). L’Ubuntu è un’etica e ideologia dell’Africa sub-Sahariana che si focalizza sulla lealtà e sulle relazioni reciproche delle persone. È un’espressione in lingua bantu che indica «benevolenza verso il prossimo». È una regola di vita, basata sulla compassione e il rispetto dell’altro.
«In Africa esiste un concetto noto come Ubuntu,
il senso profondo dell’essere umani solo attraverso l’umanità degli altri;
se concluderemo qualcosa al mondo sarà grazie al lavoro e alla realizzazione degli altri»
Nelson Mandela, 2008
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